Lezioni di dialetto romagnolo (parte seconda)

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Il dialetto romagnolo fa spesso sorridere chi non lo conosce e lo sente parlare. Si tratta di una lingua completamente diversa dall’italiano attuale e ha le sue origini nelle tradizioni antiche della Romagna, tradizioni contadine o marinare, sempre e comunque molto ironiche e colorite.

É  interessante notare ad esempio che nel dialetto si usavano tante parole religiose per definire momenti negativi con frasi non blasfeme ma abbastanza irriverenti. Vediamo alcuni esempi.

“Tan capess un os-cia!” La traduzione letterale della frase sarebbe “Non capisci un’ostia” ma assume il senso più profondo del “Non capisci proprio niente!”

Oppure “I ha scuvert tot i altarein!” significa letteralmente “Ha rovesciato tutti gli altari”, ma indica precisamente qualcuno che “Ha scoperto la tresca amorosa”!

Ormai l’avrete capito. I modi di dire e le frasi colorite in dialetto romagnolo sono davvero tanti, potremo dire che ne abbiamo uno per ogni occasione!

Ci sono ad esempio frasi che almeno una volta nella vita ci sono state dette dalle nostre mamme: “Te sta zet, che tci ancoura un murgantoun”! In questo contesto dovete immaginare una “azdora” o un padre di famiglia, che così apostrofa uno dei figli: Stai zitto, non hai diritto di parlare perché sei piccolo, hai ancora le candele al naso!

Oppure, ai figli che tornavano a casa la sera dopo aver giocato nel cortile o in strada tutto il giorno li si apostrofava dicendo: L’è sporc com e baston de puler! –  È sporco come il bastone (la scopa) usato per pulire il pollaio!

L’ironia e le espressioni colorite restano sempre un tratto distintivo del dialetto romagnolo. 

Nasce così la frase “Se l’ignurenza la avesse agli eli ma te it d’area da magne’ sla sfrombla – se l’ignoranza avesse le ali e te ti darebbero da mangiare con la fionda”, una frase che ci fa sorridere anche solo nella sua traduzione, ma in Romagna viene vestita di colore, di sguardi, di ammiccamenti, che la rendono unica. Come questa lingua.